La Commissione Ue ha fissato al 27 ottobre la pubblicazione della direttiva di recepimento dell’accordo sui requisiti patrimoniali delle banche Basilea 3 implementato a fine 2017. Lo spostamento del termine ha colto un po’ di sorpresa: la pubblicazione della direttiva era attesa infatti prima dell’estate, poi a inizio settembre, poi ancora a inizio ottobre e adesso la data ufficiale è procastinata a fine mese.

Segno che la discussione sul recepimento delle norme sugli assorbimenti patrimoniali richiesti alle banche è ancora apertissima.

Dietro a questi rinvii si intravede la mano del sistema bancario francese, che non vede di buon grado la nuova regolamentazione. La Francia tenterà infatti di posticipare l’entrata in vigore a dopo il primo gennaio 2022, quando assumerà la presidenza del Consiglio europeo. Con la speranza, in quella posizione, di spostare gli equilibri della direttiva di recepimento a favore di quelle banche che sinora hanno fatto ampio utilizzo dei modelli di rating interni per stabilire gli accantonamenti patrimoniali a fronte dei rischi assunti, come gli istituti francesi e quelli del Nord Europa. A differenza delle banche italiane, che adottano in prevalenza i modelli standard e in media si ritrovano con maggiori accantonamenti da fare.

È per questo motivo che a inizio settembre le banche centrali dell’Unione, a eccezione della Banca di Francia e di quella danese, avevano mandato una lettera alla Commissione europea per chiederle «di garantire che la proposta» sul recepimento di Basilea fosse «adottata tempestivamente e che soddisfi per intero l’accordo globale». Nel momento in cui le regole raggiunte a livello internazionale vengono traslate nelle norme europee non possono essere stravolte. Ma un margine di flessibilità c’è.

Il nodo più controverso riguarda l’output floor, che fissa un livello minimo ai requisiti patrimoniali calcolati sulla base dei modelli interni e che deve essere almeno pari al 72,5% di quelli calcolati sulla base dei metodi standardizzati. I francesi spingono affinché sia applicato un sistema detto «parallel stack», in cui l’output floor è applicato solo ai requisiti patrimoniali internazionali e che nei fatti implica minori assorbimenti, a fronte di un sistema «single stack», in cui l’applicazione è prevista per tutti i requisiti, e in modo specifico quelli europei, verso il quale sarebbe orientata la Commissione e che avrbbe anche il consenso della gran parte delle autorità di vigilanza. Ma evidentemente, visto lo spostamento a fine ottobre, il braccio di ferro è ancora in corso.

Dovrebbero, invece, trovare accoglimento le richieste italiane di introdurre meccanismi per ridurre l’assorbimento per i finanziamenti alle Pmi (Sme supporting factor) e della cessione del quinto, già previsti dalla normativa europea vigente.