Nessuna inflazione da profitti in Italia, purtroppo. La produttività rimane infatti bassa.
Lo spiega molto bene il recente rapporto Focus Congiuntura di Confindustria:
- Inflazione da profitti? La BCE di recente, nel suo Bollettino mensile, ha sottolineato che, con lo shock energetico nel 2022, i profitti delle imprese europee, di solito pro-ciclici, sono aumentati, a riflesso di prezzi di vendita che hanno cavalcato i rincari di gas ed elettricità, salendo più di quanto siano aumentati i costi. Vi sarebbe stata dunque in Europa, lo scorso anno, un’imprevista e non frequente componente di inflazione da profitti. Se questa si rivelasse persistente, potrebbe ostacolare la discesa dell’inflazione nel 2023, richiedendo tassi di interesse alti più a lungo. In questo Focus, si verifica se ciò riguarda anche l’Italia.
- I margini nell’Eurozona. Partendo dalla scomposizione del deflatore del PIL (del valore aggiunto, per i singoli settori), preso come misura dell’inflazione di origine domestica (core inflation), in somma di profitti unitari e Clup, dove i profitti sono misurati dal margine operativo lordo, calcolato su dati trimestrali Eurostat, come fatto dalla BCE, risulta che: per l’aggregato dell’Eurozona, nel 2022 c’è stato in effetti un forte aumento dei profitti unitari (+8,1% in media sul 2021; stime CSC). In particolare, sono cresciuti in misura significativa nel commercio (+19,4%), nelle costruzioni (+17,6%) e nei settori energetici-estrattivi (+43,4%). Nella manifattura i profitti unitari sono saliti meno di altri settori, ma in maniera comunque ampia (+10,3%). Nei servizi, invece, si è avuta una sostanziale stabilità (-0,4%, esclusa la PA). Ciò ricalca le evidenze della BCE e fornisce la base per le sue osservazioni relative al totale Eurozona, che è l’aggregato cui si riferiscono per mandato le sue analisi e le decisioni di politica monetaria.
- In Italia è differente. La dinamica dei profitti unitari in Italia è stata molto diversa. Per il totale economia la crescita è molto più bassa che nell’Eurozona: +3,5% nel 2022 rispetto al 2021. I settori che hanno registrato aumenti significativi sono l’energetico-estrattivo e il commercio (+8,0%). Al contrario, in Italia hanno subito una flessione dei profitti unitari sia i servizi (-2,6%) che le costruzioni (-3,8%) e la manifattura ha visto un forte calo (-8,1% in media nel 2022), nonostante il recupero nell’ultimo trimestre. Dunque, la tesi per cui l’aumento dei profitti avrebbe alimentato l’inflazione non si applica pienamente all’Italia. I dati Istat sul markup manifatturiero forniscono la stessa indicazione: caduta da inizio 2021, solo parziale recupero a fine 2022. Un’analisi recente della Commissione UE, contenuta nell’ultimo Outlook, giunge a risultati analoghi: mostra che in tutti i paesi europei, nel 2022, i profitti unitari hanno contribuito molto al balzo dell’inflazione (cioè alla crescita del deflatore del PIL), tranne proprio che in Italia.
- Possibili motivi. Vari fattori possono spiegare la dinamica più bassa dei margini in Italia: maggior aumento dei costi energetici; minore dimensione delle imprese, che potrebbe limitare il potere di mercato; maggior peso di settori a valle, a contatto con i consumi compressi; strategie di prezzo mirate a sostenere i volumi.
- Freno agli investimenti. L’erosione dei margini nella manifattura può frenare la crescita degli investimenti in Italia, perché riduce la capacità di autofinanziamento delle imprese. A ciò si aggiunge che le disponibilità liquide sono in calo (-43 miliardi i depositi a marzo da luglio 2022) e il credito bancario si riduce. Dunque, non vi sono nei bilanci delle imprese italiane risorse facilmente utilizzabili per finanziare nuovi investimenti. E quelli privati, in Italia come nelle altre economie avanzate, sono realizzati soprattutto dalle imprese (73%) e solo in parte dalle famiglie (27%; pari a 265 e 99 miliardi di euro nel 2022, su un totale di 364).