A seguito della pronuncia di Cass. civ. sez. unite sent. 30/12/2021, n. 41994 avevamo rilevato come l’onere della prova della applicazione dell’intesa restrittiva della concorrenza in materia di fideiussioni si fosse semplificato.
Quella sentenza, infatti, paragrafi 2.16, 2.16.1, 2.16.3 e 2.16.4, ha statuito che la “funzionalità” anticoncorrenziale “si riscontra con evidenza quando il contratto a valle (nella specie una fideiussione) è interamente o parzialmente riproduttivo dell’’intesa’ a monte, dichiarata nulla dall’autorità amministrativa di vigilanza, ossia quando l’atto negoziale sia di per sé stesso un mezzo per violare la normativa antitrust, ovvero quando riproduca – come nel caso concreto – solo una parte del contenuto dell’atto anticoncorrenziale che lo precede, in tal modo venendo a costituire lo strumento di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale. (…) È il predetto “nesso funzionale” tra l'”intesa” a monte ed il contratto a valle, emergente dal contenuto di tale ultimo atto che – in violazione dell’art. 1322 c.c. – riproduca quello del primo, dichiarato nullo dall’autorità di vigilanza, a creare il meccanismo distorsivo della concorrenza vietato dall’ordinamento. In siffatta ipotesi, la nullità dell’atto a monte è – per vero – veicolata nell’atto a valle per effetto della riproduzione in esso del contenuto del primo atto”.
Questa semplificazione dell’onere probatorio per cui la semplice trasposizione delle clausole equivale ad applicazione dell’intesa, trova ora conferma nella pronuncia di Cass. civ. sez. III, 28/09/2023, n. 27545, che, dopo aver ricordato che:
“la Banca d’Italia con provvedimento n. 55/2005 ha dichiarato nulle, per contrarietà rispetto alla normativa italiana in materia di tutela della concorrenza (c.d. normativa antitrust), alcune clausole (nn. 2, 6 e 8) appartenenti ad uno schema di fideiussione omnibus predisposto anni prima da parte dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI). Le clausole, che sono interessate dal provvedimento della Banca d’Italia, sono state le seguenti: (-) la c.d. ‘clausola di reviviscenza’, in forza della quale il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che quest’ultima incassi, in pagamento di obbligazioni garantite, e successivamente restituisca per motivi diversi, quali annullamento, inefficacia, revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo; (-) la ‘clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c.’, secondo cui i diritti che la banca vanta sulla scorta della fideiussione restano integri finché non sia estinto ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore, il fideiussore o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti dall’art. 1957 c.c.; (-) la c.d. ‘clausola di sopravvivenza’, alla cui stregua il debitore è tenuto a rimborsare alla banca gli importi percepiti anche nel caso in cui l’obbligazione garantita dovesse risultare invalida”,
e dopo aver considerato che
“nel caso di specie, la banca, nel fissare il contenuto delle fideiussioni, ha trasposto nelle medesime proprio le suddette tre clausole (nn. 2, 6 e 8), che appartengono allo schema di fideiussione omnibus predisposto dall’Associazione Bancaria Italiana e che sono state dichiarate nulle dal citato provvedimento della Banca d’Italia“
ha statuito che
“Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 41994/2021, dopo aver illustrato il panorama giurisprudenziale e dottrinale di riferimento, hanno risolto la questione della sorte dei contratti che si collocano a valle di un’intesa anticoncorrenziale, qualificandoli come affetti da nullità parziale ed in particolare hanno affermato il seguente principio di diritto: ‘i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti’. Di tale principio di diritto ha fatto buon governo la corte territoriale che (p. 11) ha accertato la nullità parziale della fideiussione”.