Con la sentenza n. 1220 pubblicata il 24/6/2022, la Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Venezia ha ribadito la nullità delle c.d. operazioni baciate proposte dalla Banca Popolare di Vicenza per violazione dell’art. 2358 cod. civ.
Tale norma, come è noto, vieta l’assistenza finanziaria in favore dell’investitore per supportare l’acquisto di partecipazioni di prorpia emissione.
Per il Tribunale di Venezia, tale norma, “che prevede le condizioni che rendono possibile l’assistenza finanziaria, afferma nel suo principio generale un divieto che ha carattere imperativo, posto che detto divieto laddove non derogato in ragione della sussistenza delle condizioni di ammissibilità dell’assistenza finanziaria è chiaramente diretto ad impedire operazioni che possano determinare un’erosione anche potenziale del capitale sociale, nell’interesse dei creditori della società (v. pronuncia Corte Cass. n. 15398/2013 ancorché riferita al solo contratto di finanziamento posto che solo della nullità del contratto di finanziamento colà si discuteva); […] l’imperatività del divieto di assistenza finanziaria si scorge nel fatto che il legislatore ha voluto escludere il rischio della non effettività, totale o parziale, del conferimento dei nuovi soci al tempo dell’aumento di capitale, con ricaduta sul patrimonio netto, stante il rischio di inadempimento del socio entrante, inadempimento che sarà riferito all’obbligazione del rimborso del finanziamento, non a quella del conferimento, già adempiuta con i mezzi finanziari messi a disposizione della società (Cass. n. 25005/2006). Detto ciò e considerato il divieto di assistenza finanziaria imposto da norma imperativa, deve escludersi che le norme imperative la cui violazione comporta la nullità del contratto siano solo quelle che si riferiscano alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti. L’area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell’art. 1418 comma 1 cc, è più ampia di quanto parrebbe a prima vista suggerire il riferimento al solo contenuto del contratto medesimo, dovendosi ricomprendere anche le norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni, oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto, per cui ove il contratto venga stipulato, nonostante il divieto imposto dalla legge, è la stessa sua esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa e non par dubbio che ne discenda la nullità dell’atto per ragioni ancora più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell’atto (Cass. Sez. Un. n. 26724/2007)“.
Tale norma tutela “l’interesse preminente della società e dei creditori all’integrità del capitale sociale, interesse rilevante anche per le società cooperative per azioni, quale era Banca Popolare di Vicenza all’epoca dei fatti di causa. Come da precedenti di questo Tribunale “la disciplina rammentata che limita le operazioni che possano mettere a rischio il capitale non può dirsi incompatibile con la finalità mutualistica propria delle cooperative, tanto che l’art. 2529 cc, prevede una regolamentazione specifica in tema di acquisto di proprie azioni, pur non derogando espressamente alla disciplina delle altre operazioni vietate, quali quelle di assistenza finanziaria. Così non può dirsi incompatibile con la natura delle società cooperative la necessità di delibera assembleare autorizzativa di cui si è fatto cenno, posto che se è esclusivo compito degli amministratori l’ammissione di nuovi soci, non è possibile escludere di per ciò stesso la necessità di delibera assembleare per autorizzare gli amministratori a collocare azioni mediante l’operazione di assistenza finanziaria”.
Ritenendo quindi la sussistenza di un “inequivoco collegamento intenzionale e teleologico tra la concessione di credito da parte della Banca e i correlati acquisti/sottoscrizioni di titoli della Banca” e ritenendo di trovarsi “al di fuori del caso di utilizzo su mera iniziativa autonoma del cliente di un affidamento venendo invece in rilievo proprio la volontà e l’intenzione delle parti dei collegati contratti di utilizzo della linea di credito per acquistare/ sottoscrivere le azioni della banca finanziatrice con prospettiva di azzeramento del debito di finanziamento mediante il prezzo di rivendita (in orizzonte temporale limitato) di quanto acquistato/sottoscritto: trattasi insomma di negozi collegati piegati proprio all’acquisto finanziato dei suddetti titoli“, il Tribunale ha concluso che “I negozi oggetto di causa volti a porre in essere operazioni illecite vanno conclusivamente dichiarati nulli (non potendosi predicare prescrizione di azione di nullità) con la conseguenza della liberazione di parte attrice dagli obblighi contrattuali che non sono stati ancora adempiuti: che i (omissis) non abbiano ancora effettuato ‘pagamenti’ per ridurre la relativa esposizione debitoria verso la banca risulta anche dall’estratto conto sicché la domanda di nullità ritenuta procedibile e sopra esaminata, come già esposto, non ha affatto ad oggetto loro crediti (risarcitori o restitutori) “contro” la banca in l.c.a. e non è dunque volta a sottrarre alcunché alla ‘massa’ avendo perimetro limitato esclusivamente alla liberazione dagli obblighi discendenti dai contratti nulli stipulati, rimanendo impregiudicata ogni questione afferente la esistenza o meno di altri e diversi eventuali obblighi delle parti restitutori e/o risarcitori che si fondino invece su altro e diverso titolo (ad es. eventualmente ex art. 2033 c.c.)“.
E’ interesse della parte attrice ricevere tutela “liberatoria” da obblighi contrattuali derivante appunto dalla nullità dei contratti (liberazione non richiedibile ex se nella procedura liquidatoria) a prescindere dalla verifica se sussistano o meno eventuali obblighi restitutori ad altro titolo in capo a parte attrice – obblighi negati da parte attrice che ha affermato trattarsi di mera “partita di giro” effettuata tramite annotazioni in conto e ricondotti invece dalla Banca all’obbligo comunque di restituzione in base a diverso titolo e cioè ex art. 2033 cc di quanto ricevuto – posto che anche nella mera eventualità che sussistesse altro titolo in capo alla Banca, ad esso corrisponderebbe comunque una diversa regolamentazione giuridica – ad es. in punto interessi applicabili – contrattuali/legali e in punto decorrenza degli stessi – di tal che la domanda attorea di liberazione in ragione della invalidità del contratto dagli obblighi contrattuali di pagamento discendenti dal contratto medesimo è tutt’altro che pretesa “fine a sé stessa” e priva di pratiche conseguenze.
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