Con deliberazione di ieri, la Commissione tecnica incaricata di esaminare le domande di rimborso al FIR ha dettato le linee guida a cui attenersi per dare prova delle c.d. “violazioni massive” di cui siano stati vittime coloro che non possono accedere al rimborso diretto perché aventi un reddito IRPEF 2018 superiore a 35 mila euro e un patrimonio mobiliare superiore ad euro 100.000,00.
Il comma 493 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” aveva stabilito che “Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori (…) che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58″.
L ’art. 7, comma 1, lett. d), secondo periodo del d.m. 10 maggio 2019 aveva quindi precisato che «Rientrano tra le suddette tipologie di violazioni anche le seguenti fattispecie:
i) la vendita o il collocamento di azioni o altri strumenti finanziari, emessi da una banca ovvero da una società appartenente a un gruppo bancario, attraverso la rete di distribuzione della medesima banca o società del gruppo senza l’osservanza dei presidi informativi o valutativi idonei ad assicurare la consapevolezza e l’adeguatezza dell’acquirente rispetto al profilo di rischio dei suddetti strumenti finanziari;
ii) la realizzazione delle suddette strategie di vendita o collocamento di cui al precedente punto (i) in connessione con uno o più dei seguenti elementi:
a- l’erogazione di finanziamenti o altre forme di credito, anche a soggetti diversi dall’acquirente o il sottoscrittore, ma collegati con esso, da parte della medesima banca ovvero società del gruppo (le cc.dd. operazioni baciate), includendo anche i casi in cui il controvalore versato per le azioni e gli altri strumenti finanziari sia significativamente inferiore all’entità dei finanziamenti o delle altre forme di credito;
b- la carente informazione o profilatura della clientela, ad esempio tramite l’assegnazione ai clienti di un grado di rischio e di un orizzonte temporale di investimento incongruo rispetto all’età ovvero alla composizione del loro patrimonio immobiliare o mobiliare, in particolare qualora quest’ultimo risulti concentrato in misura pari o superiore al 50% in strumenti di capitale o altri strumenti finanziari della banca o del gruppo bancario, ovvero in misura pari o superiore al 30% nel caso di prestazione del servizio di gestione di portafogli da parte della banca emittente o di società del gruppo;
c- la variazione in aumento del profilo di rischio del cliente assegnato dalla banca contestualmente o in prossimità all’operazione di vendita o collocamento;
d- operazioni di disinvestimento di strumenti finanziari non emessi dalla banca, presenti sul conto titoli presso la banca emittente o società del gruppo, in tempi di poco anteriori all’acquisto di strumenti di capitale o debito subordinato emessi dalla banca;
iii) la produzione e pubblicazione o divulgazione da parte di una banca o di un gruppo bancario di dati fuorvianti per l’investitore in relazione alla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della banca o del gruppo bancario, sia nel corso dell’ordinaria amministrazione sia in connessione con operazioni di aumento di capitale».
Adesso le Linee guida adottate dalla Commissione tecnica precisano che “Ai fini dell’accertamento della fondatezza dell’istanza, il risparmiatore potrà dedurre qualsiasi comportamento che sia prospettato come contrario ai riferiti doveri di cura dell’interesse del cliente, di correttezza, trasparenza e buona fede, e che sia eziologicamente collegato al danno subito, ovvero anche causa di invalidità o inefficacia dell’operazione, anche a prescindere dalla sua riconducibilità in concreto alla descrizione delle più ricorrenti fattispecie di cui all’art. 7, comma 1, lett. D) i, ii, iii”.
La riconduzione in sede di istanza del comportamento dell’intermediario a una delle fattispecie indicate nel d.m. 10 maggio 2019 nelle Linee Guida costituisce quindi strumento di agevolazione.