Con la Delibere n. 21301, 21302 e 21303, rispettivamente del 12, 16 e 17 marzo 2020, la Consob ha vietato temporaneamente di assumere o incrementare posizioni nette corte sulle azioni di una serie di società quotate sul mercato regolamentato MTA.

La Consob – si legge in una nota – ha adottato due provvedimenti volti da una parte a contenere la volatilità dei mercati finanziari e dall’altra a rafforzare la trasparenza delle partecipazioni nelle società italiane quotate in Borsa. “Le misure – sottolinea l’autorità – si sono rese necessarie alla luce delle forti turbolenze innescate negli ultimi giorni dalla pandemia da Covid-19”. A partire dalla seduta di domani, viene introdotto un divieto alle posizioni nette corte (vendite allo scoperto e altre operazioni ribassiste) ai sensi dell’art. 20 del regolamento europeo 236/2012, dopo aver ricevuto parere positivo dall’Esma.

Il divieto, per la prima volta, si applica a tutte le azioni negoziate sul mercato regolamentato italiano. In base al divieto, che fa seguito a quelli già adottati per le sedute del 13 e del 17 marzo, è vietata ogni forma di operazione speculativa ribassista, anche effettuata tramite derivati o altri strumenti finanziari.

Sono vietate anche le operazioni ribassiste intraday. Il divieto durerà tre mesi. La decisione di applicare misure restrittive sull’intero listino – viene precisato – è stata adottata con l’obiettivo di ripristinare l’integrità del mercato, anche alla luce delle misure eccezionali sulle vendite allo scoperto adottate nei giorni scorsi dall’Esma e dalle autorità di vigilanza di Spagna, Francia e Belgio.

Il divieto si applica a chiunque: persone fisiche, persone giuridiche e altri soggetti giuridici (di seguito, l’investitore), sia italiani che esteri. Il divieto si applica inoltre indipendentemente dalla sede di esecuzione delle operazioni, siano esse avvenute su una trading venue o over-the-counter(“OTC”), in Italia o in un altro Paese UE o extra UE. Ciò significa che il divieto si applica alle operazioni effettuate da un intermediario in conto proprio e alle operazioni effettuate dai clienti. Il divieto non si applica alle attività di market making che beneficiano dell’esenzione conformemente alla procedura di cui all’articolo 17 del regolamento (UE) n. 236/2012.

Le posizioni nette corte sono, come dice stesso la parola, le posizioni corte al netto di quello lunghe, dello stesso operatore su di uno strumento finanziario. Ciò significa che se un fondo d’investimento X avrà 2 posizioni aperte, una lunga (quindi di acquisto) ed una corta (quindi di vendita allo scoperto) nei confronti della società Y, la risultante posizione netta corta sarà la differenza tra la prima e la seconda. Questo indicatore è molto utile per conoscere l’esposizione dei grandi investitori.

In genere chi assume posizioni corte (gli “short-seller”) scommettono che un’azione, o un intero settore o un intero indice azionario cadrà come prezzo, mentre chi prende posizione “lunghe” scommette che i prezzi saliranno. In concreto, parlando molto più in generale, prendere una posizione “corta” vuol dire vendere un’azione, un’obbligazione o una merce prima di acquistarla realmente. Ecco perché si parla di vendite allo scoperto. Questo accade normalmente quando un investitore o un rivenditore ritiene che il prezzo dell’articolo (alla data della sua consegna al compratore) sarà inferiore al suo prezzo corrente. Lui o lei si aspetta di realizzare un profitto con l’acquisto del titolo o della merce appena prima della sua data di consegna.

In sintesi, una posizione netta corta per un investitore si calcola come differenza tra: i) la somma di tutte le posizioni corte detenute su un’azione e sugli strumenti correlati e ii) la somma di tutte le posizioni lunghe detenute sui medesimi strumenti finanziari.

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