Il giudice delegato al fallimento di una srl posta in liquidazione aveva escluso dal passivo della procedura fallimentare il credito insinuato in via privilegiata da Banca delle Marche SpA per Euro 4.531.629,86, credito garantito da pegno su quote detenute in altra società dalla debitrice fallita.

Ad avviso del Giudice delegato, l’atto costituivo del pegno doveva ritenersi inefficace ed inopponibile al fallimento in quanto astrattamente revocabile ai sensi degli artt. 67, comma 2 e 66 l.fall., nonché artt. 2901 e 2486 c.c.. Sul punto, in particolare, pendeva già azione revocatoria proposta dalla curatela presso altro tribunale.

La banca si è opposta all’esclusione proponendo opposizione allo stato passivo, ma l’esclusione è stata confermata dal tribunale.

La banca ha allora impugnato il decreto di esclusione in cassazione, denunciando violazione della L. Fall., art. 96, comma 5, dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, il Tribunale avrebbe escluso il credito solo perché impugnato in altra sede con azione revocatoria.

Ad avviso della banca, una volta formatosi il giudicato sull’esclusione del credito all’interno della procedura, lo stesso non avrebbe più potuto essere insinuato in caso di rigetto dell’azione revocatoria separatamente proposta, con conseguente violazione del diritto di difesa. Per questo, a dire della banca, si imponeva l’opposizione allo stato passivo.

La Corte di Cassazione, Sez. I, con ordinanza n. 140 pubblicata in data 8/1/2020, ha accolto tale impugnazione.

La Corte di Cassazione ha anzitutto ricordato come, per sua giurisprudenza costante, “Nel giudizio di verifica dei crediti, il curatore, a norma della L. Fall., art. 95, comma 1, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, può eccepire l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione, senza essere tenuto, per escludere il credito o la garanzia, a proporre l’azione revocatoria fallimentare, nè ad agire in via riconvenzionale nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dal creditore ai sensi della L. Fall., art. 98. Qualora, tuttavia, non sia stata proposta azione revocatoria in senso formale, ma sia stata solo sollevata eccezione, finalizzata a paralizzare la pretesa creditoria, il giudice delegato non dichiara l’inefficacia del titolo del credito o della garanzia, nè dispone la restituzione, ma si limita ad escludere il credito o la prelazione dallo stato passivo, a ragione della revocabilità del relativo titolo, con effetti limitati all’ambito della verifica dello stato passivo al quale la richiesta del curatore è strettamente funzionale” (cfr. Cass. n. 3778/19, 22784/18, 25728/16).

Nel caso di specie, per la Corte il Tribunale non aveva compiuto “alcuna valutazione, incidenter tantum, sulla ricorrenza dei presupposti della revocabilità del credito“, limitandosi ad affermare apoditticamente che l’eccezione di inefficacia fosse “idonea a giustificare il rigetto dell’ammissione del credito in sede di verifica dello stato passivo“. Pertanto, il medesimo Tribunale aveva “escluso il credito della banca, in via automatica, sulla base della sola proposizione dell’eccezione revocatoria da parte del curatore, senza verificarne, incidentalmente, la sua fondatezza“.

Per tale ragione la Corte ha rimesso gli atti al Tribunale affinché valutasse nel merito l’astratta fondatezza dell’eccezione di revocabilità, ai fini dell’esclusione o inclusione del credit nello stato passivo.