Fra le misure più discusse del decreto legge 10 agosto 2023, n. 104, recante “Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici” (c.d. decreto “Asset e investimenti”) vi è l’introduzione di un’imposta straordinaria unica a carico degli istituti bancari.
Un’imposta che, stando alle dichiarazioni del Governo, dovrebbe riequilibrare un divario – ritenuto ingiusto – fra i profitti realizzati sul credito concesso a seguito del progressivo aumento dei tassi di riferimento da parte della BCE e i costi sostenuti per remunerare le giacenze della clientela.
Si tratta della differenza tra i ricavi per gli interessi passivi applicati alla propria clientela e i costi sostenuti per gli interessi attivi riconosciuti a clienti e finanziatori per la raccolta e il deposito di liquidità.
Una forchetta che in questi mesi si è allargata perché i tassi di riferimento sono cresciuti, alimentando previsioni di ricavi da record per tutte le banche, visto che gli interessi passivi sui rapporti di credito vengono adeguati in tempo praticamente reale alle scelte di politica monetaria della BCE, mentre gli interessi che le banche riconoscono ai clienti sulle giacenze di conto corrente e sulle altre forme di raccolta di liquidità hanno tempi di adeguamento molto più lenti.
Su queste premesse, l’art. 26 del decreto – rubricato “Imposta straordinaria calcolata su incremento margine interesse” – istituisce per l’anno 2023, “in dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e del costo del credito”, una imposta straordinaria a carico delle banche come definite all’art. 1 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario).
Tale imposta è determinata applicando un’aliquota pari al 40% sul maggior valore tra:
a) l’ammontare del margine di interesse di cui alla voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativamente all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che ecceda per almeno il 5% il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022;
b) l’ammontare del margine di interesse di cui alla voce suddetta relativamente all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, che ecceda per almeno il 10% il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
Gli schemi di bilancio bancario sono definiti dalla Circolare Banca d’Italia n. 262 del 22 dicembre 2005, recante “Il bilancio bancario: schemi e regole di compilazione”, giunta oggi all’8° aggiornamento rilasciato il 17 novembre 2022. Tale ultima versione della Circolare sarà applicabile ai bilanci relativi agli esercizi chiusi o in corso al 31 dicembre 2023.
L’imposta andrà quindi calcolata sulla base della versione precedente, il 7° aggiornamento del 29 ottobre 2021, applicabile a partire dai bilanci relativi all’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2021.
La voce 30 del Conto economico di tale schema di bilancio è rubricata “Margine di interesse” e dà rappresentazione del margine di profitto dell’attività bancaria tipica.
Si tratta della differenza fra interessi attivi e proventi assimilati (voce 10) e interessi passivi e oneri assimilati (voce 20).

Il decreto fissa comunque un tetto all’imposta, stabilendo che, in ogni caso, l’ammontare della stessa non possa essere superiore a una quota pari allo 0,1 % del totale dell’attivo relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.
Ai sensi del comma 4 dell’art. 26, le banche saranno tenute a versare l’imposta entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024.
I soggetti che in base a disposizioni di legge approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio saranno tenuti a effettuare il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio.
Il decreto precisa altresì che, per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, se il termine di pagamento scade nell’anno 2023, il versamento dovrà essere effettuato nel 2024 e, comunque, entro il 31 gennaio.
L’imposta straordinaria non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
L’ultimo comma dell’art. 26 stabilisce infine la destinazione del gettito relativo, prevedendo che le maggiori entrate derivanti dal tale imposta affluiscano ad un apposito capitolo del bilancio dello Stato, per essere destinate, anche mediante riassegnazione, sulla base del monitoraggio periodico dei relativi versamenti, in un apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per essere assegnate al finanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa e per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.