Martedì 28 maggio la Camera ha approvato all’unanimità una mozione che impegna il Governo a varare un provvedimento per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese, anche sottoforma di “mini-bot”. Ma cosa sono i mini-bot?

Sono titoli di stato di piccolo taglio che verrebbero emessi dalla Pubblica amministrazione in pagamento dei propri debiti. Se avete fatto una fornitura alla Pa, questa potrebbe quindi pagarvi emettendo un piccolo buono del tesoro. In mano non vi ritrovereste denaro, ma, appunto, il pezzo di carta che documenta l’astratto (piuttosto astratto) obbligo di rimborso da parte della Pubblica amministrazione. Stando a chi li propugna, i mini-bot offerti in pagamento dalla Pa potrebbero poi essere utilizzati dai detentori per pagare a loro volta le tasse o i propri fornitori.

Ovviamente, avendo funzione di pagamento e non di investimento, questi bot non farebbero maturare interessi e, cosa ancor più fantasmagorica, non avrebbero scadenza. Cioè, non sarebbero mai oggetto di vero rimborso e, siccome non sarebbero nemmeno convertibili in euro, rimarrebbero solo e sempre un titolo cartolare astratto, con incerta funzione di pagamento.

Per questo sentite dire che si tratterebbe di una moneta parallela vietata dall’art. 128 del TFUE, che contempla l’euro come unica valuta di riferimento per i Paesi che lo adottano, e dall’art. 10 del Regolamento CE/974/98, per il quale “le banconote in euro sono le uniche aventi corso legale negli Stati membri partecipanti. . Ed è sempre per tale ragione che sentite dire che i mini-bot rappresenterebbero un ulteriore passo verso l’abbandono dell’Unione monetaria e della stessa Unione europea.

Dunque, delle due l’una: o con l’emissione dei mini-bot la Pa ricorre a nuovo debito per pagare debito che ha già, oppure con l’emissione dei mini-bot si cerca di coniare nuova moneta.

Ebbene, se si tratta di nuovo debito non è stato inventato nulla di nuovo, perché già adesso la Pa può indebitarsi per pagare i propri fornitori (e la Pa si indebita, non poco).

Se invece con i mini-bot si intende coniare nuova moneta, allora il problema non sono tanto i trattati Ue. Il problema è proprio questa nuova moneta non convertibile in euro, che verrebbe presto a svalutarsi. Il punto è che la moneta cattiva scaccia quella buona (Legge di Gresham, per la quale si tende a tenere in tasca con funzione di riserva la moneta di maggior valore – l’euro in questo caso – e si tende a far circolare quella peggiore – il mini-bot in questo caso) e pertanto la nuova moneta di conio autarchico potrebbe, di fatto, soppiantare il più forte euro. Il che significherebbe una vittoria delle politiche di correzione dei deficit di finanza pubblica mediante un ampio ricorso alla svalutazione monetaria (e quindi maggiore inflazione e più alti tassi di interesse, per farla semplice).

C’è infine una terza considerazione: se utilizzati per pagare le tasse, i mini-bot sono comunque una tassa implicita sulle imprese creditrici della Pa, perché, per essere pagate utilizzando i mini-bot in compensazione con quanto dovuto di tasse, le imprese dovranno comunque attendere il momento del loro pagamento (che è differito rispetto al debito scaduto della Pa) e potranno ritenersi soddisfatte solo se dovranno versare un importo di tasse pari al loro credito garantito da mini-bot, mentre per l’eventuale eccedenza ci si dovrà rivedere il successivo anno di imposta. Cosi differendosi il termine di pagamento, le imprese finanzierebbero la Pa (perché il tempo è denaro e in finanza, in particolare, il tempo vale la parte di interessi a cui l’impresa rinuncerebbe, perché i mini-bot, appunto, non produrrebbero interessi). Aspettare gratis un pagamento è un costo. Chi fa impresa lo sa.

Solo controindicazioni, quindi, dall’introduzione di questo atipico strumento di pagamento.