Il Sole 24 dell’altro ieri ha dato conto di una triste analisi effettuata da Goldman Sachs sul nostro Paese. In una nota ad uso solo interno, la banca d’affari americana paragona il nostro Paese all’ultimo pianeta del sistema solare: Plutone, ossia il pianeta più lontano dal Sole, quello più freddo. Più lontano anche di Nettuno, che ormai – nella metafora spaziale – sta diventando la Grecia.
Un paradosso finanziario, poco giustificato dai fondamentali economici e per questo ancor più triste. L’Italia resta infatti la terza economia dell’Eurozona, la seconda manifattura europea dopo la Germania, un Paese con grande ricchezza privata, con un tessuto industriale ancora forte e con un rating investment grade (seppur in peggioramento).
«La Grecia sta diventando Nettuno, mentre l’Italia si sta muovendo verso l’estremità del sistema solare, tutta sola, diventando il pianeta più lontano», scrivono gli analisti di Goldman Sachs. «Non un bel posto dove stare, soprattutto se si ha un debito come quello italiano». Il mercato, in effetti, racconta proprio questo. Dal primo gennaio 2018, cioè prima delle elezioni del 4 marzo, l’Italia è l’unico Paese che ha registrato un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato. Sia sulla scadenza quinquennale, sia su quella decennale.
Gli altri Paesi dell’Eurozona – inclusi Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda – hanno visto scendere i rendimenti. Questo significa che oggi noi siamo costretti a pagare tassi d’interesse più alti rispetto a un anno e mezzo fa per indebitarci, mentre gli altri pagano meno. E questo, a parità di politica monetaria della Bce, che è uguale per tutti.
Il Portogallo aveva tassi decennali in linea con quelli italiani il primo gennaio 2018, mentre oggi la distanza è diventata siderale: i loro sono scesi a circa 80 punti base, mentre i nostri sono saliti oltre la soglia dei 260 punti.
Tra Italia e Portogallo lo spread è insomma di oltre 180 punti base, mentre quello tra Italia e Spagna è quasi a 200. Questo ha un impatto diretto sui nostri conti pubblici: se l’Italia potesse emettere titoli di Stato pagando i tassi portoghesi e non quelli italiani, risparmierebbe – secondo i calcoli effettuati dall’ufficio studi di Intesa Sanpaolo qualche giorno fa – 6,4 miliardi il primo anno, 11,9 il secondo e così via, per arrivare a un risparmio annuo di 31,8 miliardi dal settimo anno in poi.
Perché ciò avviene? Per almeno due ragioni che preoccupano gli investitori: l’aumento del debito pubblico e la mancanza di volontà politica di ridurlo e le continue insinuazioni no-euro di una parte della maggioranza di Governo. Il recente dibattito sui mini-bot ha definitivamente contribuito a questo meccanismo.