«Mi sono chiesto che tipo di messaggio voglia darvi; non userei la parola “vendere”, ma in realtà penso che la cosa migliore che potrei fare è darvi una valutazione sincera di come vediamo la situazione dell’euro da Francoforte.
E la prima cosa che mi è venuta in mente è qualcosa che si diceva molti anni fa e che poi si è smesso di dire: “l’euro è come un calabrone“. E’ un mistero della natura perché il calabrone riesca a volare quando in realtà non potrebbe. Quindi l’euro era un calabrone, che ha volato molto bene per diversi anni. Probabilmente c’era qualcosa nell’atmosfera, nell’aria, che lo faceva volare. E poi qualcosa deve essere cambiato, proprio nell’aria, e sappiamo di cosa si tratti dopo la crisi finanziaria.
Il bombo si sarebbe dovuto trasformare in un’ape vera e propria. Ed è quello che sta facendo.
Il primo messaggio che vorrei mandare è che l’euro è molto, molto più forte, la zona euro è molto, molto più forte di quanto la gente riconosca oggi. Non solo se si guarda agli ultimi 10 anni, ma anche se si guarda ora, si vedrà che per quanto riguarda l’inflazione, l’occupazione, la produttività, l’area dell’euro ha fatto come o meglio degli Stati Uniti e del Giappone.
Il confronto diventa ancora più profondo se guardiamo al deficit e al debito. L’area dell’euro ha un deficit molto più basso e un debito molto più basso di questi due Paesi. E, non meno importante, ha un conto di partite correnti equilibrato, e un grado di coesione sociale che non si rinviene negli altri due Paesi.
Questo è un ingrediente molto importante per intraprendere tutte le riforme strutturali che potranno trasformare effettivamente il bombo in una vera ape.
Il secondo punto, il secondo messaggio che vorrei inviare oggi, è che il progresso è stato straordinario negli ultimi sei mesi. Se si confrontano oggi gli Stati membri dell’area dell’euro con sei mesi fa, si vedrà che la situazione è completamente diversa oggi: in meglio.
E questo progresso ha assunto forme diverse. Anzitutto a livello nazionale – perché naturalmente, mentre glorificavo i meriti dell’euro, voi pensavate “ma quella è una media!” e “in realtà i paesi divergono così tanto all’interno dell’area dell’euro, che le medie non sono più rappresentative, quando la varianza è così grande”.
Ma direi che negli ultimi sei mesi questa media, le varianze tendono a diminuire e i Paesi tendono a convergere molto di più di quanto abbiano fatto in molti anni, come per il Portogallo, l’Irlanda e Paesi che non sono nel programma di aggiustamento, come la Spagna e l’Italia.
I progressi nell’intraprendere il controllo del deficit, le riforme strutturali, sono stati notevoli. E dovranno continuare a esserlo. Ma il persorso è stato stabilito e tutti i segnali che riceviamo sono che questi Paesi non smettono di riformarsi. È un processo complesso, perché per molti anni è stato fatto molto poco – ci arriverò tra un momento.
Ma molti progressi sono stati fatti a livello sovranazionale. Ecco perché dico sempre che l’ultimo vertice è stato un vero successo. L’ultimo vertice è stato un vero successo perché, per la prima volta in molti anni, tutti i leader dei 27 Paesi d’Europa, compreso il Regno Unito, hanno detto che l’unico modo per uscire da questa crisi attuale è avere più Europa, non meno Europa.
Un’Europa che si fonda su quattro blocchi: un’unione fiscale, un’unione finanziaria, un’unione economica e un’unione politica. Questi blocchi, in due parole, significano che molta più sovranità nazionale sarà esercitata a livello sovranazionale, che regole fiscali comuni vincoleranno le azioni dei governi sul piano fiscale.
Poi nell’unione bancaria o nell’unione dei mercati finanziari avremo un supervisore unico per tutta l’area dell’euro. E per dimostrare che c’è piena determinazione ad andare avanti in questo senso e che queste non sono solo parole vuote, la Commissione europea presenterà una proposta di supervisione comune all’inizio di settembre. Quindi tra un mese. E credo di poter dire che i lavori sono piuttosto avanti, in questa direzione.
Quindi più Europa. Il messaggio è che c’è più progresso di quanto sia stato riconosciuto.
Il terzo punto che voglio trattare è, in un certo senso, più politico.
Quando si parla della fragilità dell’euro e della crescente fragilità dell’euro, e forse della crisi dell’euro, molto spesso gli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro sottovalutano la quantità di capitale politico che viene investito nell’euro.
E mentre osserviamo questo capitale – e non credo che siamo osservatori imparziali, certo – ne concludiamo che l’euro sia irreversibile. Non si tratta di una parola vuota ora, perché ho spiegato esattamente quali azioni sono state fatte, per renderlo irreversibile.
Ma c’è un altro messaggio che voglio darvi.
Nell’ambito del nostro mandato, la BCE è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro. E credetemi, sarà sufficiente.
Abbiamo davanti alcune sfide importanti a breve termine. Le sfide a breve termine, a nostro avviso, riguardano soprattutto la frammentazione finanziaria che ha avuto luogo nella zona euro. Gli investitori si sono ritirati all’interno dei loro confini nazionali. Il mercato interbancario non funziona. Sta funzionando molto poco all’interno di ogni Paese, ma certamente non sta funzionando tra i Paesi.
E penso che il punto chiave, qui, sia che se vogliamo uscire da questa crisi, dobbiamo riparare questa frammentazione finanziaria.
Il mercato interbancario non sta funzionando, perché per qualsiasi banca nel mondo, l’attuale regolamentazione della liquidità comporta una perdita per chi presta denaro. Quindi, la prima ragione è che la regolamentazione deve essere completamente ricalibrata.
Il secondo punto è in un certo senso un problema di azione collettiva: perché i supervisori nazionali, guardando la crisi, hanno chiesto alle loro banche, le banche sotto la loro supervisione, di ritirare le loro attività entro i confini nazionali. E hanno recintato le posizioni di liquidità in modo che la liquidità non possa fluire, anche attraverso lo stesso gruppo di partecipazione, perché le autorità di vigilanza del settore finanziario stanno dicendo “No”.
Quindi, anche se ognuno di loro può avere ragione, collettivamente hanno sbagliato. E questa situazione dovrà essere superata, naturalmente.
E poi c’è un fattore di avversione al rischio. L’avversione al rischio ha a che fare con il rischio di controparte. Ora, nella misura in cui penso che la mia controparte sarà inadempiente, non presterò a questa controparte. Ma può essere che ciò accada perché si è a corto di fondi. E penso che ci siamo occupati di questo con le due grandi LTRO in cui abbiamo iniettato mezzo trilione di liquidità netta nelle banche della zona euro. Ce ne siamo occupati.
Poi accade anche che si richiea il rimborso preventivo del credito, a causa della percezione che la mia controparte possa fallire per mancanza di capitale. Su questo possiamo fare poco.
Poi c’è un’altra dimensione che ha a che fare con i premi che vengono addebitati sui prestiti degli stati sovrani. Questi premi hanno a che fare, come ho detto, con il default, con la liquidità, ma hanno anche a che fare sempre di più con la convertibilità, con il rischio di convertibilità. Ora, nella misura in cui questi premi non hanno a che fare con fattori inerenti alla mia controparte, essi rientrano nel nostro mandato. Rientrano nel nostro mandato.
Nella misura in cui la dimensione di questi premi sovrani ostacola il funzionamento del canale di trasmissione della politica monetaria, rientrano nel nostro mandato.
Quindi dobbiamo far fronte a questa frammentazione finanziaria affrontando tutte queste questioni.
Penso che mi fermerò qui; penso che la mia valutazione sia stata abbastanza franca e sincera».