Per la pronuncia di Corte di Cassazione, Sez. I, n. 4695 del 22/2/2021, il consolidamento dell’ipoteca fondiaria non può realizzarsi se l’atto risulti astrattamente revocabile.
Il caso
Con decreto del 10 dicembre 2014 il Tribunale di Perugia aveva parzialmente accolto l’opposizione proposta dal Mediocredito Itliano S.p.a. allo stato passivo del fallimento di una società cliente, ammettendo in via chirografaria un credito di Euro 2.530.099,77, derivante da un contratto di mutuo fondiario.
Nel fare ciò il Giudice delegato aveva rigettato due eccezioni della Curatela: quella di nullità del mutuo per superamento del limite previsto dall’art. 38, comma secondo, del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e dalla delibera CICR del 22 aprile 1995 e quella di sua simulazione.
Rispetto al fatto, poi, che la somma erogata fosse stata utilizzata per estinguere pregresse esposizioni debitorie, il Tribunale aveva rilevato che ciò non comportasse la nullità del contratto per difetto di causa, in quanto il mutuo fondiario non era comunque configurabile come mutuo di scopo, potendo, al più, configurarsi come un negozio indiretto volto a realizzare una forma anomala di pagamento, e quindi come un’operazione compiuta in frode ai creditori, nella misura in cui il risultato pratico perseguito dalle parti fosse costituito dalla trasformazione di un precedente credito chirografario in un credito ipotecario, ipotesi non ricorrente nel caso di specie.
Tanto premesso, e ritenuto pacifico che il finanziamento fosse stato utilizzato in parte per l’acquisto dell’immobile destinato all’esercizio dell’impresa e in parte per l’estinzione di mutui ipotecari precedentemente concessi da altre banche, mentre il residuo fosse confluito su un conto corrente acceso presso Intesa San Paolo S.p.a., il Tribunale aveva rilevato che alla data della stipulazione del contratto la fallita avesse una rilevante esposizione debitoria, non ancora estinta al momento della dichiarazione di fallimento, osservando che, come emergeva dallo stato passivo, dopo la concessione del finanziamento la predetta situazione fosse notevolmente peggiorata, invece di migliorare, ed aggiungendo che dall’esame dei bilanci e dai dati forniti dalla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia risultasse una situazione di grave indebitamento e di grave debolezza finanziaria, nonché d’incapacità di far fronte alle passività, risalente almeno all’esercizio 2005.
Ritenuto infine provato il compimento dell’atto nel periodo sospetto di cui all’art. 2901 cod. civ., il Tribunale ha quindi ritenuto l’atto astrattamente revocabile e – siccome l’eccezione di revocatoria è ammissibile in sede di verifica dello stato passivo per precludere o limitare l’insinuazione – la richiesta di insinuazione in via privilegiata non accoglibile. Tuttavia, la corte ha precisato che ciò non impedisse l’ammissione al passivo in via chirografaria dell’importo corrispondente alla parte del mutuo effettivamente utilizzata.
Il curatore ha impugnato avanti la Corte di Cassazione tale pronuncia, deducendo la violazione dell’art. 1344 cod. civ., poiché, nell’escludere la nullità del contratto di mutuo per frode alla legge, il decreto impugnato non avrebbe tenuto conto delle modalità d’impiego della somma mutuata, utilizzata, in pendenza di una situazione di dissesto della mutuataria, per sostituire un credito chirografario con un credito privilegiato e quindi in maniera causalmente illecita, perché in violazione dello stesso art. 216 della l.fall. (bancarotta).
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso.
La violazione di norma imperativa che non comporta nullità
Rispetto alla eccepita nullità del mutuo stipulato in frode ai creditori, la Corte ha rilevato che
“In tema di nullità del contratto, in assenza di una norma che vieti in via generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non può considerarsi di per sé illecito, sicché la sua conclusione non comporta una nullità per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alle parti, dal momento che, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, l’ordinamento appresta rimedi speciali, i quali comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia (cfr. Cass., Sez. III, 31/10/2014, n. 23158; Cass., Sez. IL 11/10/2013, n. 23158; Cass., Sez. I, 4/10/2010, n. 20576)”.
Tale principio, in particolare, è stato sancito anche in riferimento all’ipotesi di stipulazione di un mutuo ipotecario in violazione dell’art. 216, terzo comma, della legge fall., che punisce il reato di bancarotta preferenziale.
A tal riguardo la Corte ha aggiunto che
“In linea generale, si è infatti osservato che la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, dal momento che l’art. 1418, primo comma, cod. civ., facendo salva l’ipotesi in cui la legge disponga diversamente, impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso d’inosservanza del precetto, abbia voluto salvaguardare la validità del negozio, mediante la predisposizione di un meccanismo alternativo idoneo a realizzare gli effetti della norma; nel caso in cui il debitore abbia effettuato pagamenti o simulato titoli di prelazione con l’intento di favorire uno o più creditori a danno di altri, il predetto meccanismo è stato poi individuato nell’esercizio dell’azione revocatoria, la quale, comportando la dichiarazione d’inefficacia dell’atto, in quanto lesivo della par condicio creditorum, consente di escludere l’applicabilità della sanzione di nullità per illiceità della causa, ai sensi dell’art. 1344 cod. civ.”
La perdita del beneficio del consolidamento dell’ipoteca fondiaria
Come sappiamo, per l’art. 39, quarto comma, TUB, se l’ipoteca fondiaria sia stata iscritta almeno dieci giorni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, la stessa può darsi per consolidata con tanto di esenzione dall’azione revocatoria.
La Corte ha però ritenuto, nel caso di specie, non applicabile detta norma, rilevando che
“L’omessa applicazione dell’art. 39, comma quarto, del d.lgs. n. 385 del 1993 trova invece conforto nel principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di mutuo fondiario, secondo cui l’inopponibilità del contratto al fallimento per nullità, simulazione o revoca impedisce di ritenere operante il c.d. beneficio del consolidamento previsto dalla predetta disposizione: qualora infatti, come nel caso in esame, il contratto di mutuo venga ritenuto revocabile, in virtù della qualificazione della fattispecie come procedimento indiretto volto a realizzare un pagamento con mezzi anormali, mediante la stipulazione di un mutuo e l’utilizzazione della somma accreditata per l’estinzione di un preesistente credito del mutuante nei confronti del mutuatario, viene meno anche la qualificazione, derivante dal contratto, dell’ipoteca come ipoteca iscritta a garanzia del mutuo fondiario (cfr. Cass., Sez. I, 18/04/2013, n. 9482; 1/10/2007, n. 20622).”