Il mutuo concesso da un privato non integra esercizio abusivo di attività creditizia se non si inserisce in un’attività generale di offerta rivolta al mercato.
Lo ha ribadito di recente il Tribunale Alessandria, Sez. I, con la sent. n. 525 del 9/6/2022 in un caso in cui un privato aveva concesso in prestito, tramite scrittura privata, un finanziamento di circa 50.000,00 euro al fine di permettere al beneficiario di ristrutturare due immobili di proprietà.
Convenuto in giudizio per la restituzione del prestito, il mutuatario ha contestato la validità e l’efficacia della scrittura privata di finanziamento, ritenendola contraria a norme imperative in quanto esercizio abusivo della professione bancaria.
Il Tribunale ha però respinto tale tesi, ritenendo “pacifico che il mutuante possa essere un soggetto come la banca, che esercita attività creditizia in maniera professionale, oppure un soggetto privato qualsiasi, come nel caso che ci occupa, senza che ciò integri necessariamente esercizio abusivo della professione bancaria ex art. 132 D.Lgs. n. 385/1993. A tal proposito, la Suprema Corte ha più volte ribadito la portata di tale articolo precisando cosa debba intendersi per attività finanziaria: in essa vi rientra sicuramente l’erogazione di prestiti e finanziamenti, ma per integrare la fattispecie di reato è necessario che l’attività sia svolta nei confronti del pubblico e non si tratti quindi di una erogazione fatta in via occasionale“.
Affinché possa configurarsi il reato di abusiva attività finanziaria, di cui all’art. 132, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), è indispensabile infatti “che l’agente ponga in essere una delle condotte indicate dall’art. 106 del medesimo decreto inserendosi abusivamente nel libero mercato (sottraendosi, così, al controllo di affidabilità e di stabilità) ed operando indiscriminatamente tra il pubblico (cfr. Cass. Pen. n. 2404/2010)“.