La domanda di accertamento della nullità del contratto proposta per la prima volta in appello va convertita dal giudice in eccezione di nullità non soggetta a preclusioni e anche le nullità c.d. di protezione (ossia azionabili solo dal cliente) possono essere rilevate d’ufficio. Lo ha affermato Cassazione civile sez. I, 29/09/2022, n. 28377.
Nel caso deciso dalla Corte, la ricorrente lamentava che la sentenza impugnata avesse errato nel ritenere una inammissibile domanda nuova quella – proposta per la prima volta in appello – volta a far accertare la nullità del contratto quadro di investimento previsto dall’art. 23 T.U.F.. Per la ricorrente, in particolare, il giudice aveva violato l’art. 1421 cod. civ., per non avere osservato l’obbligo di accertamento officioso della nullità (ancorché relativa e di protezione) del contratto, del quale il cliente lamentava la mancata sottoscrizione da parte della banca.
Per affrontare tale motivo di ricorso, la Corte ha innanzitutto ricordato che la questione del coordinamento del precetto recato dall’art. 1421 cod. civ. (la nullità del contratto può essere rilevata d’ufficio dal giudice) con le preclusioni previste dal codice di procedura civile quanto alla proposizione di domande ed eccezioni relative alla nullità del contratto, ha formato oggetto di esame da parte di Cass. S.U., n. 26242 e n. 26243 del 2014 che, per quanto qui interessa, hanno affermato i seguenti principi di diritto:
a) «il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare d’ufficio l’eventuale esistenza di una causa di nullità diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicchè è individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio» (nello stesso senso, nella giurisprudenza successiva, cfr.: Cass. n. 15408 del 2016; Cass. n. 6319 del 2019; del 2019 Cass. n. 26495 del 2019; per l’applicabilità del principio anche nel giudizio di impugnazione di deliberazioni assembleari di società di capitali, cfr Cass. n. 8795 del 2016);
b) «la rilevabilità officiosa delle nullità negoziali deve estendersi anche a quelle cosiddette di protezione, da configurarsi, alla stregua delle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, come una specíes del più ampio genus rappresentato dalle prime, tutelando le stesse interessi e valori fondamentali – quali il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost.) e l’uguaglianza almeno formale tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost.) – che trascendono quelli del singolo» (nello stesso senso, cfr. Cass. n. 896 del 2016; Cass. n. 3308 del 2019).
Inoltre, ha ricordato la sentenza in commento, Cass. S.U. n. 26243 del 2014 ha anche precisato che: «la domanda di accertamento della nullità di un negozio proposta, per la prima volta, in appello è inammissibile ex art. 345, primo comma, cod. proc. civ., salva la possibilità per il giudice del gravame – obbligato comunque a rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. – di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullità legittimamente formulata dall’appellante, giusta il secondo comma del citato art. 345» (1) (in senso conforme, nella giurisprudenza successiva: Cass. n. 21775 del 2015).
Per la sentenza in commento tali principi sono da ribadire: “La sentenza impugnata, a fronte della novità della domanda di accertamento della nullità del contratto contenuto nella scrittura privata del 9 settembre 1997 per dedotta violazione dell’art. 18 del d.lgs. n. 415 del 1996, contenuta nel terzo motivo di appello proposto dall’odierno ricorrente, avrebbe dovuto, anziché dichiararla inammissibile per violazione del primo comma dell’art. 345 cod. proc. civ., convertirla in eccezione, rilevabile d’ufficio, di nullità dello stesso contratto, in applicazione del secondo comma di tale articolo del codice di rito, ed esaminarne nel merito la fondatezza. Il motivo di censura è dunque fondato; come del resto lealmente ammesso dalla banca ontroricorrente (pagg. 3 e 4 del controricorso); con conseguente cassazione sul punto della sentenza impugnata“.
Questo il principio di diritto affermato alla fine in accoglimento del ricorso:
«la domanda di accertamento della nullità di contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento in valori mobiliari per inosservanza della forma scritta (nella specie, ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 415 del 1996, poi recepito dall’art. 23 T.U.F.) proposta nei confronti di intermediario in valori mobiliari (nella specie, banca) dal cliente per la prima volta in appello nell’ambito di giudizio volto ad ottenere il risarcimento di danni che si assumono essere derivati dall’esecuzione del contratto medesimo, inammissibile ex art. 345, primo comma, cod. proc. civ., deve dal giudice di appello – obbligato comunque a rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullità, anche se relativa di protezione, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. – essere convertita ed esaminata nel merito come eccezione di nullità legittimamente formulata dall’appellante, come consentito dal secondo comma del citato art. 345».
(1) Art. 345 c.p.c.: -) Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa. -) Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d’ufficio.