La posizione della giurisprudenza rispetto all’onere di documentazione del rapporto gravante sul cliente che agisca in ripetizione contro la banca è molto cambiata nel tempo.

L’incompletezza degli estratti conto non costituisce più, oggi, una condizione ostativa, sotto il profilo probatorio, dell’azione.

In un caso in cui una banca si doleva della violazione dei principi in materia di onere probatorio per il fatto che il correntista, attore in ripetizione, non avesse fornito la prova dell’esistenza dei pagamenti oggetto della domanda, non avendo prodotto tutti gli estratti conto, ordinari e scalari, nella loro perfetta consecuzione temporale, senza intervalli o omissioni, e che il c.t.u. avesse ricostruito fittiziamente l’andamento del rapporto sulla base di “scritture contabili di raccordo”, ottenute attraverso una sorta di finzione, senza la prova dei singoli pagamenti e per mezzo di cifre virtuali, la Suprema Corte ha ritenuto che “qualora il cliente limiti l’adempimento del proprio onere probatorio soltanto ad alcuni aspetti temporali dell’intero andamento del rapporto, versando la documentazione del rapporto in modo lacunoso e incompleto, il giudice – valutate le condizioni delle parti e le loro allegazioni (anche in ordine alla conservazione dei documenti) – può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni in fatto svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d’ufficio, in particolare con la consulenza contabile, utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare e avere, il saldo risultante dal primo estratto conto, in ordine di tempo, disponibile e acquisito agli atti” (Cass. Civ. 3.12.2018, n. 31187).

Ancor prima, dovendo giudicare dell’ammissibilità di una c.t.u. in caso di incompletezza degli estratti conto prodotti dall’attore in un’azione finalizzata all’accertamento e alla rettifica del saldo, si era ritenuto che “non è vietato al giudice del merito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio” (Cass. Civ. 1.6.2018, n. 14074, la quale ha anche precisato che “E’ consentito derogare finanche al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto, o il loro sviluppo effettuale, possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche”; in tal senso conformi, fra le altre, Cass. Civ. n. 3191/06 e Cass. Civ. n. 10202/08).

Più in generale, si afferma che “per quanto il rapporto di conto corrente sia senz’altro unitario (avendo esso ad oggetto l’esplicazione di un servizio di cassa, in relazione alle operazioni di pagamento o di riscossione di somme da effettuarsi, a qualsiasi titolo, per conto del cliente), non può per ciò solo ritenersi che le conseguenze discendenti da una produzione incompleta siano regolate da criteri rigidi e massimalistici. In particolare, non pare corretto affermare, in termini generali e astratti, che, in presenza di una documentazione incompleta dell’andamento del conto, si imponga di disattendere comunque la domanda” (Cass. Civ. 2.5.2019, n. 11543).

Quest’ultima pronuncia prende le mosse considerando la posizione processuale della banca attrice, ma detta principi valevoli anche per l’azione proposta dal cliente attore.

L’incompletezza della documentazione potrebbe riguardare tanto il primo periodo del rapporto (il che accade quando gli estratti abbiano una consecuzione temporale senza intervalli, ma manchino quelli del periodo iniziale, dal momento di apertura), quanto periodi successivi o intermedi.

In linea generale, nella prospettiva consegnata dall’art. 2697 cod. civ., si è giunti a ritenere che la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non escluda una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi.

Per Cass. Civ. 2.5.2019, n. 11543, ad esempio, non vi sarebbe ragione, in senso logico e giuridico, per ritenere che nell’ambito del contratto di conto corrente un adempimento solo parziale dell’onere di produzione degli estratti conto precluda di procedere alla semplice sterilizzazione del saldo debitorio portato dal primo degli estratti conto prodotti.

Ritenendo ingiustamente rigoroso il rigetto integrale della domanda, la giurisprudenza è giunta alla conclusione che un’indagine contabile in assenza dei primi estratti conto ben potrebbe “attestarsi sulla base di un riferimento più sfavorevole per il creditore istante, quale, a titolo esemplificativo, quello di un calcolo che preveda l’inesistenza di un saldo debitore alla data dell’estratto conto iniziale” (c.d. criterio del saldo zero, impiegabile quando l’attore sia l’istiuto di credito; n.d.r) (Cass. Civ. 25.5.2017, n. 13258 e Cass. Civ. 26.1.2011, n. 1842).

Rispetto all’azione del cliente si è giunti a sostenere che l’incompletezza documentale relativa agli estratti conto ridondi in suo danno ma non precluda l’azione, sicché, in assenza di diverse evidenze, il conteggio del dare e avere dovrà essere effettuato “partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato” (Cass. Civ. 28.11.2018, n. 30822).

In quest’ultima ipotesi, in linea di principio, l’incompletezza della serie degli estratti conto si ripercuote sul correntista, su cui grava l’onere della prova degli indebiti pagamenti, sicché, in assenza di diverse evidenze, il conteggio del dare e avere deve essere effettuato partendo dal primo saldo a debito del cliente di cui si abbia evidenza. Questo non esclude, tuttavia, che lo stesso correntista possa fornire puntuali elementi di prova atti a dar ragione del pregresso andamento del conto, così da consentirne la ricostruzione per il periodo non documentato dagli estratti; e non esclude nemmeno che, sulla base del complessivo quadro processuale, e indipendentemente da tale ricostruzione, al periodo in questione possa assegnarsi un saldo di diverso ammontare, più favorevole al cliente (ciò che potrà ad esempio verificarsi in ragione della condotta processuale della banca, la quale ritenga di stralciare, in tutto o in parte, il credito da essa maturato in detto arco di tempo, o di riconoscersi addirittura debitrice di una data somma per le movimentazioni occorse nello stesso periodo)” (Cass. Civ. 2.5.2019, n. 11543).

In un caso in cui la banca lamentava che la Corte d’appello avesse consentito al correntista di “sottrarsi all’onere probatorio, omettendo di produrre ben otto anni di estratti conto”, la Corte di Cassazione ha sostenuto che dalle regole in materia di onere probatorio a carico del cliente attore “non consegue necessariamente, né tanto meno in modo automatico, l’inferenza che ne vuole ritrarre la banca ricorrente, per cui il cliente dovrebbe sempre e comunque produrre tutti gli estratti conto relativi all’intero svolgimento temporale del conto” (Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 4/3/2021, n. 5887).

Ben può – ha continuato la Corte – il giudice “integrare la prova offerta dal correntista; nel caso, pure con mezzi di cognizione disposti d’ufficio, come la CTU, alla quale il giudice può ricorrere quando la prova dei movimenti del conto, che sia prodotta dal correntista, non risulti completa, ma comunque tale da consentire al CTU di operare il calcolo delle competenze trimestrali (cfr., in specie, Cass., n. 31187/2018; Cass., n. 29190/2020; si veda, altresì, la pronuncia di Cass., n. 30822/2018, la quale – al di là della imperfetta sintesi approntata dall’Ufficio del Massimario – ha in realtà puntualizzato che, in caso di produzione parziale degli estratti, il calcolo dei rapporti di dare e di avere decorre “dalla data della posta iniziale a debito annotata sul primo estratto conto disponibile” e dalla misura data da questo saldo, senza alcun previo azzeramento dello stesso)”.

Tale pronuncia ha quindi ribadito che “è improprio e scorretto considerare gli estratti conto come ‘veicolo di una prova legale’ di fatti, che invece sono suscettibili di prova libera, cioè dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell’ambito del suo prudente apprezzamento”.

Per la Corte, inoltre, “il correntista, che agisce in ripetizione, può limitare la propria pretesa a un dato periodo di svolgimento del conto. E così anche fare seguire alla richiesta di accertamento della nullità di determinate clausole, come inerenti al contratto stipulato tra Banca e cliente, una domanda di ripetizione che venga a circoscrivere il proprio raggio di azione alle somme percepite dalla Banca, in dipendenza di quelle clausole, nell’ambito di un determinato periodo di svolgimento del conto”.

Ed è sempre “possibile chiedere meno del proprio diritto”, perché “un simile atteggiamento giova – certo, non può nuocere – al convenuto”.

È infatti principio ben acquisito che, in caso di “limitazione del proprio diritto da parte dell’attore, il giudizio sulle domande così formulate non può estendersi, neppure implicitamente, all’accertamento della fondatezza delle maggiori domande che l’attore non ha proposto e sulle quali, quindi, il giudice non ha il potere di pronunciarsi” (così sempre Cass. civ, n. 29190/2021).

La recentissima pronuncia di Cass. civ., sez. I, 27/12/2022, n. 37800, ha chiarito ancor meglio tali principi, affermando che “a sostegno della domanda di ripetizione dell’indebito, il cliente è onerato della produzione degli estratti conto, secondo il principio sancito dall’art. 2697 c.c. Ma è ammesso il calcolo della somma, da depurare dalle poste indebite, a partire dal primo estratto prodotto, e così via per i periodi successivi: saldo iniziale e saldi intermedi che, ove sfavorevoli al cliente, in quanto risulti un debito a suo carico, sono presi a base di partenza della situazione tra le parti“. In tal caso “l’incompletezza della serie degli estratti conto si ripercuote comunque sul cliente, gravato dall’onere della prova degli indebiti pagamenti”, ma ciò non preclude l’istruzione della domanda, posto che in tal caso “si comincia volta a volta dal saldo a debito, risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti“.

In conclusione, ove sia il correntista ad agire in giudizio e difettino gli estratti conto del periodo iniziale, il conteggio dovrà partire dal saldo a debito del primo estratto conto disponibile.

Tali principi varranno anche nell’ipotesi in cui facciano difetto estratti conto per il periodo intermedio del rapporto: l’azione proposta dal correntista non potrà che venire circoscritta al periodo in relazione al quale risultino ricostruibili i movimenti contabili, prendendo le mosse, anche in tal caso, dal primo estratto conto disponibile a debito.

Ma in alcun caso la mancanza di estratti conto per periodi più o meno lunghi potrà comportare di per sè il rigetto della domanda.