Con l’ordinanza n. 11173 del 23/04/2019 la Corte di Cassazione, Sez. I, Consigliera relatrice Marina Meloni, ha ribadito quanto sostenuto dalle Sezioni Unite l’anno scorso per considerare la CMS ai fini del raffronto con la soglia d’usura rilevata trimestralmente dalla Banca d’Italia.

Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, la Corte d’appello di Torino, con sentenza parziale n. 523/2013 – pronunciata in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, promosso nei confronti di Intesa Sanpaolo spa per sentire accertare, previa revoca dell’ingiunzione opposta, l’illegittimità delle clausole, presenti nei due contratti di conto corrente impugnati, di pattuizione di interessi ultralegali ed usurari, con previsione di capitalizzazione trimestrale, commissioni di massimo scoperto e spese di commissione, e la nullità delle fideiussioni correlate, c.d. omnibus, senza predeterminazione di limiti e con rinuncia al beneficio escussione, ovvero la decadenza della garanzia, ex art. 1956 c.c., con condanna della convenuta al risarcimento dei danni, anche per l’illegittima segnalazione alla Centrale Rischi del passaggio “in sofferenza” delle posizioni – aveva riformato la decisione di primo grado, che aveva solo parzialmente accolto l’opposizione, in punto di illegittimità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, condannando gli opponenti al pagamento di una somma inferiore rispetto a quella liquidata in sede monitoria.

In particolare, con il settimo motivo di ricorso Intesa lamentava l’omesso esame da parte della Corte d’Appello di un fatto decisivo, ossia che, per il periodo 2002-2005, sia le istruzioni della Banca d’Italia sia i decreti ministeriali emanati dal MEF, non comprendessero la commissione di massimo scoperto ai fini del calcolo del TEG e che “qualora vi fossero dei superamenti della C.M.S. soglia, solo l’importo della C.M.S. percepita in eccesso rispetto all’entità massima applicabile, potrebbe essere addizionata agli interessi addebitati, al fine di verificare il superamento del tasso di interesse usurario”.

Per la Corte di Cassazione, tale motivo di ricorso andava accolto conformemente a quanto sostenuto da Cass. Civ. Sez. Unite n. 16303 del 20/6/2018, che ha enunciato il seguente principio di diritto: “Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui al D.L. n. 185 del 2008, art. 2 bis, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta L. n. 108, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati”.

La Corte di Appello ha dunque errato perchè ha computato le cms ai soli fini del calcolo del TEG applicato in concreto dalla banca, ma non anche ai fini della determinazione del limite dell’usura presunta definito secondo legge, avendo omesso qualsiasi considerazione relativa alla “cms soglia”, al suo eventuale superamento ed alla incidenza di questo ai fini dell’eventuale superamento della soglia dell’usura in relazione al “margine” degli interessi eventualmente residuo.