Prima o poi doveva succedere. I valori negativi dei tassi interbancari di riferimento non potevano non trasferirisi sulla clientela, perché il sistema bancario fatica a sostenerne l’impatto.

Fino ad oggi i tassi negativi sono stati ustai dalle banche centrali mondiali (è successo in Giappone, Europa e America) come strumento per incentivare le banche commerciali a non tenere parcheggiata la propria liquidità e ad impiegarla nell’economia reale in favore di famiglie ed imprese, in maniera da contribuire alla crescita dell’inflazione.

Per questo si tratta di una sorta di “tassa”: la singola banca commerciale paga per lasciare in custodia la propria liquidità alla banca centrale. Una tassa decisamente gravosa visto che dal 2014 a fine 2018 la politica dei tassi negativi sui depositi praticata da Bce ha generato perdite per oltre 23 miliardi nei conti delle banche europee e solo nel 2018 si calcola che il danno economico sia stato di 7,5 miliardi.

Era quindi inevitabile che tale onere venisse prima o poi tarsferito sulla clientela.

Esordisce così Unicredit, che si starebbe preparando a girare sulla clientela con depositi superiori ai 100 mila euro l’onere scontato dalla banca. Lo ha annunciato il ceo dell’istituto in un’intervista alla tv francese Bfm Business. «I tassi negativi verranno trasferiti ai clienti retail e imprese con depositi ben al di sopra di 100 mila euro a partire dal 2020», ha dichiarato Mustier. «Lavoriamo per mettere in pratica» queste misure «nei diversi paesi in cui siamo presenti – ha spiegato – affinché siano operative dall’anno prossimo».

Mustier ha precisato che i depositi inferiori a 100mila euro saranno esclusi da tale misura, e che la mossa è destinata ad interessare comunque i grandi patrimoni, a cui verranno offerte soluzioni alternative per la gestione della liquidità. «Bisogna proteggere tutti i clienti delle banche più vulnerabili, che sono coperti dal fondo di garanzia dei depositi – ha detto ancora Mustier – e poi caso per caso si può considerare di passare i tassi negativi alle grandi imprese o a certi grandi clienti offrendo un certo numero di alternative». In ogni caso «offriremo ai clienti soluzioni alternative ai depositi come ad esempio investimenti in fondi di mercato monetario senza commissioni e obiettivi di performance in territorio positivo». Il senso è offrire alla clientela «obiettivi di rendimento vicini allo zero piuttosto che avere dei tassi di deposito negativi». «È un’alternativa perfettamente accettabile», ha concluso.

Resta da capire quali sono le policy che la banca seguirà nell’applicazione della misura, e quale sarà l’asticella del livello di liquidità oltre la quale verranno applicati i tassi negativi. Altra incognita riguarda il comportamento delle altre banche italiane: UniCredit, come sembra al momento, sarà la sola banca ad applicare la “tassa Bce” sui depositi? E con quali possibili conseguenze in termini di potenziali uscite di liquidità? Oppure punta a diventare un first mover, e ad essere seguita da altri istituti in questo percorso? Possibile che, sul lato del conto economico, UniCredit confidi di bilanciare i minori ricavi derivanti da eventuali deflussi di capitali con le maggiori entrate generate dal miglioramento dello spread tra tassi attivi e passivi. Una tesi che dovrà ora passare alla prova del mercato.