Per Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 14-07-2020, n. 14960 è ammissibile l’insinuazione al passivo del fallimento con il riconoscimento della prelazione ipotecaria anche se solo in via condizionata al recupero effettivo del bene alla massa.
Con deceto del 22/12/2016 il Tribunale di Macerata, in riforma parziale del decreto del giudice delegato, accoglieva l’opposizione allo stato passivo proposta ex artt. 98 e 99 l.fall. dalla Banca di Credito coperativo di Recanati e Colmurano soc. coop., ammetteva al passivo la banca solo in via chirografaria per il credito di 172.872,70 Euro rigettando la domanda originaria principale di ammissione, per la medesima somma, a titolo di privilegio, poiché il credito si sarebbe fondato su rate scadute e debito residuo dovute per un mutuo garantito da ipoteca volontaria rilasciata dallo stesso soggetto fallito.
ll Tribunale aveva rilevato in particolare in forza di un trust, costituito sul bene ipotecato, il debitore se ne fosse spogliato prima del proprio fallimento e per tale ragione, non sussistendo più il bene nel patrimonio del debitore fallito, non potesse riconoscersi il privilegio, nemmeno condizionatamente al futuro recupero del bene in caso di positivo esperimento dell’azione revocatoria dell’atto istitutivo del trust, non rientrando tale credito tra quelli ammissibili con riserva dall’art. 96 L. Fall.
La Banca aveva quindi impugnato il mancato riconoscimento del privilegio, ritenendolo riconoscibile con riserva ex art. 96 l.fall., rinviandosi poi al riparto la verifica del bene (come da Sezioni Unite n. 16060/2001).
Su tale impugnazione, Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 14-07-2020, n. 14960 ha ritenuto pacifico che l’originaria garanzia ipotecaria da cui era assistito il credito della banca avesse per oggetto un bene trasferito ad un trustee dal debitore in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del medesimo disponente, così come che, già prima dell’instaurazione del concorso, fosse stata promossa iniziativa giudiziaria avente per obiettivo il recupero del medesimo bene nel patrimonio del debitore, secondo un’azione continuata dal curatore.
Su tali considerazioni, la Corte ha ritenuto di dare seguito al principio per cui “al creditore che chiede di essere ammesso in rango ipotecario al passivo fallimentare è possibile riconoscere questa collocazione anche se il bene su cui grava la garanzia non faccia attualmente parte dell’attivo fallimentare” (Cass. 5341/2019)”.
Si tratta di indirizzo che si pone in consapevole continuità già con l’insegnamento di Cass. s.u. 16060/2011 che la stessa decisione in commento ha richiamato in quanto tale pronuncia pose i termini della questione in maniera molto chiara là dove precisò che si tratta di stabilire se sia “necessaria l’effettiva e attuale esistenza del bene ai fini dell’ammissione al passivo ovvero se sia possibile ammettere al rango privilegiato il credito, postergando il controllo sulla sussistenza o meno del bene, sul quale cade il privilegio, alla fase della graduazione dei crediti finalizzata al riparto“, con ciò precludendo quel limite di fattispecie in apparenza circoscritto alla vicenda del privilegio rispetto alle altre figure di prelazione, principio poi confermato da Cass. 17248/2002, 7074/2004, 16080/2004, 6849/2011, 10387/2012.
Si tratta invero di estensione altrettanto chiaramente manifestata dalla Corte anche con Cass. 17329/2017 ove si è statuito che “in tema di ammissione al passivo fallimentare di crediti assistiti da ipoteca, ai sensi dell’art. 93 L. Fall. – nel testo, applicabile “ratione temporis”, anteriore alla novella di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006 – non è necessaria nella domanda l’indicazione, da parte del creditore, del bene su cui tale garanzia grava, atteso che la sua eventuale mancanza rileva unicamente nella fase attuativa, come impedimento di fatto all’esercizio della garanzia stessa, sicchè la verifica dell’esistenza del bene non è questione da risolvere in fase di accertamento del passivo, ma, attenendo all’ambito dell’accertamento dei limiti di esercitabilità della prelazione, è demandata alla fase del riparto”.
Per la decisione in commento non sussiste dubbio della piena continuità d’indirizzo con riguardo alla disciplina dell’insinuazione post riforma e per il precetto che impone la identificazione del bene, questione di cui si è data carico Cass. 5341/2019 ove si è chiarito solo che “occorre, tuttavia, secondo il disposto dell’art. 93 L. Fall. (nella versione introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006) che la domanda di insinuazione indichi le oggettive ragioni della potenziale acquisibilità del bene alla procedura e descriva il bene su cui si intende far valere la prelazione. L’effettivo dispiegarsi della prelazione in sede di riparto resterà comunque subordinato al caso di avvenuto recupero del bene in garanzia al compendio fallimentare“, condizioni soddisfatte nel caso di specie, ove si era dato conto di un’azione recuperatoria già avviata.
Pertanto, ben poteva essere riconosciuto il pivilegio ipotecario, sebbene subordinatamente all’effettivo recupero del bene alla massa fallimentare.