Lo ha stabilito la Corte giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione, nella sentenza 26/1/2021, n. 422/19, incidentalmente, giudicando della legittimità della normativa tedesca che vieta il pagamento del canone televiso in contanti.

Per la Corte, se il tenore dell’articolo 128, paragrafo 1, terza frase, TFUE, dell’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, ma anche del diritto derivato (art. 10, seconda frase, del regolamento n. 974/98) osta all’adozione di una norma nazionale avente per oggetto o per effetto di abolire, de jure o de facto, il contante in euro, ciò non esclue che uno Stato membro possa porre dei limiti a riguardo.

Il considerando 19 del regolamento n. 974/98 precisa che le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d’interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari.

Per la Corte, costituiscono motivi di interesse pubblico quelli che attengono alla sicurezza o alla lotta contro la criminalità o all’interesse pubblico di assicurare un’organizzazione efficace dei pagamenti nella società (interesse riconosciuto, nel caso di specie, nella norma che impone di pagare il canone televisivo in forme tracciabili e automatizzate).

Tuttavia, tenuto conto del fatto che, imponendo delle restrizioni nell’esercizio delle loro competenze sovrane, gli Stati membri limitano la possibilità, riconosciuta dal diritto dell’Unione – quale regola generale – di liberarsi da un’obbligazione di pagamento mediante banconote e monete metalliche in euro, tali Stati membri devono assicurarsi che le misure da essi adottate rispettino il principio di proporzionalità, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione.

E il principio di proporzionalità esige, per consolidata giurisprudenza della Corte, che le misure interessate siano idonee a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa in questione e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungere tali obiettivi (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, S.O., C-516/17, EU:C:2019:625, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

Pertanto, la Corte ha concluso che l’articolo 128, paragrafo 1, terza frase, TFUE, l’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo (n. 4) sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, nonché l’articolo 10, seconda frase, del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità di liberarsi da un’obbligazione di pagamento imposta da un’autorità pubblica mediante banconote in euro, a condizione che tale normativa:

  • non abbia per oggetto né per effetto di stabilire il regime giuridico del corso legale di tali banconote;
  • non comporti, de jure o de facto, un’abolizione di tali banconote, segnatamente precludendo la possibilità di liberarsi, in generale, da un’obbligazione di pagamento mediante contante;
  • venga adottata tenendo conto di motivi d’interesse pubblico;
  • ponga limiti idonei a realizzare l’obiettivo di interesse pubblico perseguito;
  • non ecceda i limiti di quanto è necessario per la realizzazione dello scopo perseguito, nel senso di prevedere altri mezzi legali per liberarsi dall’obbligazione di pagamento.

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