Con la prouncia di Cass. civ., ord., Sez. I, 2 aprile 2021, n. 9196 si consolida anche per i contratti bancari l’orientamento, inaugurato per i contratti di investimento, che ritiene valida la stipula anche in caso di sola sottoscrizione del cliente (ossia per i c.d. contratti “monofirma“).

Nel caso deciso dalla Corte, il cliente lamentava l’inapplicabilità ai contratti bancari – da stipularsi per iscritto a pena di nullità ai sensi dell’art. 117 TUB – dell’orientamento inaugurato per i contratti di investimento da Cass., Sez. U, 16/01/2018, n. 898.

Per la Corte tale doglianza, però, non tiene nel giusto conto che anche per i contratti bancari è sancito un regime di nullità realtiva (cfr. art. 127, comma 2 TUB) e che, più in particolare:

la prescrizione della forma scritta, cui sono soggetti i contratti bancari a mente dell’art. 117, comma 1, TUB, è posta a presidio del contraente debole in quanto mira a soddisfare finalità di certezza dell’impegno giuridico assunto con la sottoscrizione del contratto. La considerazione è alla radice della premura che ha condotto questa Corte ad affermare da ultimo, risolvendo una querelle che da tempo si trascinava in ordine alla validità in materia di intermediazione finanziaria del contratto monofirma – ovvero del contratto recante la sola sottoscrizione del cliente e privo della sottoscrizione dell’intermediario – che il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dall’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.

In conclusione:

Le finalità sottese all’adozione della forma scritta prescritta a pena di nullità per i contratti regolati dal TUF valorizzate nell’occasione – e volte, segnatamente ad assicurare al cliente la piena cognizione degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione – si rinvengono anche in relazione ai contratti bancari, sicché la medesima prescrizione che per essi trova riconoscimento nell’art. 117, comma 3, TUB, secondo cui anche questi contratti debbono essere stipulati in forma scritta a pena di nullità, ha, non dissimilmente a quella accordata dalle SS.UU. al contratto di intermediazione, natura funzionale e non strutturale. Si riconosce così che la mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca non determina la nullità per difetto della forma scritta, essendo sufficiente che il contratto sia redatto per iscritto, ne sia consegnata una copia al cliente e vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo. Corollario di questa impostazione è che il consenso della banca può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti (Cass., Sez. I, 6/09/2019, n. 22385; Cass., Sez. I, 18/06/2018, n. 16070; Cass., Sez. I, 6/06/2018, n. 14646), quali nella specie il decidente ha concretamente riconosciuto nell’avvenuta apertura del conto e nell’invio dei relativi estratti“.