Il correntista non deve sempre allegare tutti gli estratti conto, potendosi limitare a quelli realtivi alle poste di cui si chiede la ripetizione, circoscrivendo, così, il periodo contestato.
Lo ha confermato Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 4/3/2021, n. 5887 rispetto ad un’azione di ripetizione di indebito bancario.
Il rigetto della domanda di ripetizione in primo grado
Nel febbraio 2006, la ditta Cantine C. di C. Antonio Michele convenne avanti al Tribunale di Bari la Banca Popolare di Bari, per chiedere l’accertamento della nullità di una serie di clausole attinenti a un rapporto di conto corrente in precedenza corso tra le parti, e chiuso nel dicembre 2002, con restituzione delle somme dalla Banca indebitamente percepite.
Il Tribunale, pur accertando la nullità di talune clausole, respinse la domanda restitutoria, rilevando, in particolare, che le “domande proposte dalla parte attrice scontano un indubbio deficit di allegazione e prova”, avendo la stessa “omesso di allegare al proprio fascicolo gli estratti conto dal 1983 (ossia dall’inizio del rapporto) a tutto l’anno 1990”.
La decisione d’appello
In riforma della sentenza, la Corte d’appello ha rilevato che la produzione, da parte del correntista, degli estratti conto limitatamente al periodo dal gennaio 1991 alla chiusura del conto non può essere assunto come fattore “impeditivo dell’accertamento del saldo e della ripetizione dell’eventuale indebito, limitatamente al periodo per il quale è stata allegata la necessaria documentazione contabile”.
“La lacuna iniziale” – ha argomentato la Corte – “penalizza l’attore in ripetizione, non la Banca che a tale azione resiste, allorquando la ricostruzione contabile parte, come nella fattispecie, dal saldo negativo per il correntista registrato dalla banca”. Quest’ultima non può contestare il saldo negativo che essa stessa ha annotato, nel senso che, “ove fosse stata disponibile la documentazione relativa al periodo precedente”, il rilievo dell’eventuale applicazione di clausole (accertate come) nulle “avrebbe potuto comportare un saldo meno negativo o addirittura un saldo positivo per il cliente, giammai un saldo maggiormente negativo per lo stesso”.
“In ogni caso, a fronte di una posta contabile da essa stessa elaborata, la Banca, ove avesse voluto revocarne in dubbio la correttezza e congruenza, avrebbe dovuto essa fornire prova a riguardo, nella fattispecie del tutto mancata”.
E’ “sempre consentito alla parte chiedere meno di quello cui ha diritto” – ha aggiunto la Corte, con ulteriore rilievo -, “comportando l’opzione riduttiva del correntista uno svantaggio per quest’ultimo e un vantaggio per la controparte”; sì che non vi è ragione per cui il correntista non possa delimitare il raggio della propria richiesta facendola “partire non dalla data iniziale del rapporto, ma da una data successiva”.
A fronte dell’eccezione mossa dalla Banca, di intervenuta prescrizione dell’azione di ripetizione mossa dal correntista, poi, la Corte di Appello ha osservato, prima di tutto, che nella specie si tratta di prescrizione decennale e non già quinquennale, come sostenuto dalla Banca, atteso che la fattispecie concreta attiene “ad azione per la restituzione di interessi indebitamente corrisposti, ex nart. 2033 c.c., non ad azione diretta a ottenere il pagamento di interessi non corrisposti”.
Ha rilevato, poi, che l’eccezione è stata proposta in termini generici, senza indicare se e in quale misura alcuni pagamenti potessero rivestire carattere solutorio, ai fini dell’accertamento dell’eventuale intervenuta prescrizione”.
D’altronde – ha infine proseguito la Corte – l’attrice “ha fatto espresso riferimento a contratti di apertura di credito con scoperto di conto corrente, sin dalla citazione introduttiva, senza che al riguardo la Banca Popolare di Bari abbia contestato ed eccepito alcunché”, avendo essa prodotto, anzi, delle lettere attestative delle aperture di credito in conto corrente in essere.
Avverso questa decisione, la Banca Popolare di Bari ha presentato ricorso in Cassazione contestando il mancato soddisfacimento da parte del correntista dell’onere della prova.
Onere probatorio e allegazione degli estratti conto
Con il primo motivo, la Banca ha lamentato la violazione dell’art. 2697 c.c.
È onere del correntista – ha sostenuto la Banca in particolare – provare le indebite percezioni che si assumono compiute. E tale onere probatorio, per la Banca, sarebbe rimasto inadempiuto, in quanto l’attrice non avrebbe provveduto ad esibire nei termini processuali gli estratti conto integrali relativi ai rapporti in contestazione.
Di conseguenza – ha concluso la Banca – la Corte d’appello avrebbe consentito al correntista di “sottrarsi all’onere probatorio, omettendo di produrre ben otto anni di estratti conto”.
Rispetto a tale doglianza, la Corte di Cassazione ha ricordato anzitutto che “il correntista che agisce in via di ripetizione è tenuto a fornire la prova che talune delle somme percepite dalla Banca, come appostate sul conto a debito del cliente, siano prive di una valida causa debendi”.
A ciò, tuttavia, per la Corte “non consegue necessariamente, né tanto meno in modo automatico, l’inferenza che ne vuole ritrarre la ricorrente, per cui il cliente dovrebbe sempre e comunque produrre tutti gli estratti conto relativi all’intero svolgimento temporale del conto”.
La giurisprudenza della Corte ha infatti chiarito che il giudice del merito deve in ogni caso valutare la possibilità che la prova dell’indebito sia desumibile aliunde, in maniera diversa dagli estratti conto, cioè.
Ben può – si è così precisato – il giudice “integrare la prova offerta dal correntista; nel caso, pure con mezzi di cognizione disposti d’ufficio, come la CTU, alla quale il giudice può ricorrere quando la prova dei movimenti del conto, che sia prodotta dal correntista, non risulti completa, ma comunque tale da consentire al CTU di operare il calcolo delle competenze trimestrali (cfr., in specie, Cass., n. 31187/2018; Cass., n. 29190/2020; si veda, altresì, la pronuncia di Cass., n. 30822/2018, la quale – al di là della imperfetta sintesi approntata dall’Ufficio del Massimario – ha in realtà puntualizzato che, in caso di produzione parziale degli estratti, il calcolo dei rapporti di dare e di avere decorre “dalla data della posta iniziale a debito annotata sul primo estratto conto disponibile” e dalla misura data da questo saldo, senza alcun previo azzeramento dello stesso)”.
Per la Corte “è improprio e scorretto considerare gli estratti conto come ‘veicolo di una prova legale’ di fatti, che invece sono suscettibili di prova libera, cioè dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell’ambito del suo prudente apprezzamento” (cfr. anche Cass. civ, n. 29190/2021).
Per la Corte, inoltre, “il correntista, che agisce in ripetizione, può limitare la propria pretesa a un dato periodo di svolgimento del conto. E così anche fare seguire alla richiesta di accertamento della nullità di determinate clausole, come inerenti al contratto stipulato tra Banca e cliente, una domanda di ripetizione che venga a circoscrivere il proprio raggio di azione alle somme percepite dalla Banca, in dipendenza di quelle clausole, nell’ambito di un determinato periodo di svolgimento del conto”.
Ed è sempre “possibile chiedere meno del proprio diritto”, perché “un simile atteggiamento giova – certo, non può nuocere – al convenuto”.
È infatti principio ben acquisito che, in caso di “limitazione del proprio diritto da parte dell’attore, il giudizio sulle domande così formulate non può estendersi, neppure implicitamente, all’accertamento della fondatezza delle maggiori domande che l’attore non ha proposto e sulle quali, quindi, il giudice non ha il potere di pronunciarsi” (Cass. civ. n. 21335/2018).
D’altra parte, “una simile limitazione non preclude in alcun modo al convenuto in ripetizione di proporre contestazioni e presentare eccezioni che vengano a incidere sulle poste inerenti al periodo temporale rispetto al quale l’attore ha formulato la domanda di ripetizione”.